Olii, disegni e incisioni

di Mario De Micheli, 1977


La qualità di queste immagini della Pizzorno è data strettamente dal loro significato. In altre parole si tratta di una qualità di pura espressione. Talvolta accade, guardando un’opera, che i pregi plastici, oltre  o a lato del tema o del soggetto, risultino in qualche modo autonomi, non così con le tele della Pizzorno, dove l’identità tra visione ed enunciazione figurativa appare inscindibile.

Se cioè la Pizzorno immerge i suoi personaggi in una luce limbale, ciò dipende intimamente dal senso generale dell’immagine, non da altre preoccupazioni formali. Il suo «limbo», voglio dire, è metafora della nostra condizione, della nostra esistenza: un’esistenza quasi fittizia, quasi sospesa, di vita-non-vita. Come diceva Rimbaud: «La vraie via est absente. Nous ne sommes pasa u monde». 

I personaggi della Pizzorno sono dunque personaggi in attesa di vivere o di rivivere, in quanto prosciugati d’ogni linfa vitale, d’ogni potenza spirituale. Sigillati in un gelido silenzio, costretti ad una incomunicabilità permanente, ci appaiono come fantasmi in fantomatici ambienti. Uomini e donne hanno uguale sorte, si sfiorano senza entrare in rapporto, non parlano, fanno gesti enigmatici. È a questa visione e a questo giudizio sulla realtà del nostro tempo che la pittura della Pizzorno informa, dunque, la sua qualità. L’incarnazione verso il tono freddo smorzato, quasi verso il monocromatico; la mancanza d’ogni accento cromatico; il modo lento e trattenuto dell’esecuzione hanno qui la loro fondata ragione.

La visione della Pizzorno tuttavia non ha nulla di metafisico. Ciò che la sue tele ci propongono è infatti una rete di alienazione, una reale condizione della nostra esistenza. Il problema è se in questo «limbo» potrà un giorno irrompere un flusso vero di vita, se cioè questi stessi personaggi potranno cominciare a parlare, a fare gesti con un preciso significato, a entrare in rapporto tra di loro.

Questa istanza di liberazione, dietro le immagini della Pizzorno è senza dubbio presente. Direi che nasce dalla stessa coscienza che le permette di dipingere con tanta nitidezza l’alienazione medesima dei suoi personaggi. In tal modo il «negativo» si rovescia: l’assenza diventa un vuoto che siamo chiamati a colmare.